What About “the Future”?

what about “the future”?

Il posti di oggi è dedicato allo scontro titanico tra due teorie  che ho sempre trovato affascinanti, seppur carenti in alcuni punti. Il determinismo filosofico e il libero arbitrio sono stati il fulcro centrali di molti pensatori, pensiamo a Spinoza o ad Agostino D’Ipponia. Se il determinismo ritiene che l’uomo è espressione della volontà di un “””qualcos’altro”””, il libero arbitrio scioglie questa visione così limitata dando all’uomo quella possibilità di fare e agire che il primo nega. Dunque il futuro viene scoperto o creto? L’uomo è pedina di un percorso oppure ne è l’artefice? Lasciando da parte questa visione leggermente apocalittica e in simil “congrega religiosa” (^.^) ritengo adesso che il “the future” sia il congiugimento di queste due espressioni di pensiero. E’ impensabile ritenere  che  ci muoviamo all’interno di percorsi e destini  prestabiliti, in quanto il tutto sfocierebbe in una visione piuttosto statica e inflessibile. Ma neanche ritenere che tutto dipenda dalla volontà del singolo soggetto è carente. E’ utile adesso generare una visione in cui ritrovare insieme la capacità di costruzione del proprio percorso e “quel qualcosa al di sopra” di lui. Per iniziare ad avere un quadro meno confuso, il “the future” è la somma e il frutto del suo agire. L’uomo poi vive all’interno di un mondo dove “quel qualcosa” riveste anch’esso un ruolo. In conclusione, come l’uomo è creatore, è anche influenzabile dall’azione delle forze di “quel qualcos’altro” in senso negativo che positivo.

... e tu che ne pensi?

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3 years ago

[◇] L' essere umano può amare se stesso senza condizionamenti? O sarà destinato a farlo attraverso le immagini degli ideali e delle rappresentazioni con i quali viene plasmato?

4 years ago

Tu sai.

Nessuna “cosa” è data per natura. Questa si presenta “così” poiché tutta la realtà che la circonda è artificio e intenzione. Tutto, infatti, è soggetto a un’operazione di disciplinamento e forgiamento. Assodato questo, esplora quella cosa  concentradoti non sul “perché è data”, ma  “come è data”.

3 years ago

| La pubblicità progresso |

Mentre camminavo per le strade di Taormina il mio sguardo viene “catturato”, per deformazione professionale, da questi negozi: “Arte paesana” o “Etnic one”, siti in una delle vie principali del centro.

| La Pubblicità Progresso |
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Mi colpiscono perché sono vocaboli del gergo antropologico, nel senso che la disciplina antropologica da sempre si è confrontata con i concetti di identità e rappresentazione culturale.  

Da brava aspirante ricercatrice mi sono documentata e:

per ciò che concerne “Arte paesana” è «un’attività che affonda le sue radici nella figura di Vincenzo Daneu (Trieste 1860 - Taormina 1937) fonda, a Palermo, un’impresa commerciale, a conduzione familiare, di piccolo e alto antiquariato prediligendo l’arte “paesana” di Sicilia e di Sardegna»; il «punto vendita propone tovaglie e ricami ottocenteschi»;

invece “Etnic one”, come riportato nel sito web, «offre un'esperienza di shopping sensoriale unica ai suoi clienti […] abbigliamento etnico particolare e scelto con cura, gioielli, accessori e home-decor». 

È lampante che questi soggetti imprenditoriali si sono appropriati di alcune terminologie, riadattandole e rivendicandole come segni caratteristici.

In parallelo e sotto un certo punto di vista, queste attività sono portatrici di un’ambivalenza, ovvero che essenzializzano “l’arte del paese” o lo stile etnico.

Ripenso al dibattito nel mondo dell’arte di fine Ottocento, quando l’Occidente istituiva musei e vi esibiva oggetti provenienti dalle colonie d’oltremare. Ad esempio, le maschere africane venivano considerate come “arte primitiva” e gli occidentali si mostravano riluttanti a considerare che quelle potessero essere delle forme di arte alla stregua del Mose di Michelangelo. Sally Price ne I primitivi traditi (1992) «ha messo in discussione l’etnocentrismo con il quale le categorie e le forme di valutazione dell’arte occidentale hanno escluso gli oggetti non-occidentali (Caoci 208, 160)». Infatti, l’arte primitiva veniva considerata semplice ed elementare rispetto a quella occidentale, era vista come il prodotto di pulsioni istintuali o psicologiche. Gli artisti primitivi erano gli «esponenti incontaminati dell’inconscio dell'uomo», mentre gli occidentali erano i soli che potessero accedere ad una forma di estetica cosciente. Pertanto l’arte occidentale non era mai sottoposta alla reazione dei primitivi, perché questi non venivano ritenuti in grado di partecipare ad esperienze estetiche che oltrepassino i confini delle proprie culture. 

Da queste considerazioni è evidente che se leggo “arte paesana” o “etnico” rimango leggermente interdetta, perché ripenso al dibattito che decostruisce ed epura da certe viziositá. Vedere che, invece, c'è una tendenza al ri-attualizzare e al ri-appropriarsi di certe parole è piuttosto curioso ed insolito.

Orbene, con questa riflessione non vorrei essere io a tipicizzare le istanze delle due attività commerciali. Ritengo che sarebbe più produttivo l’ascolto delle scelte dell’imprenditore o della imprenditrice per l’uso di quel termine o di andare direttamente al nocciolo della questione chiedendosi: "ma chi boli diri “arte paesana”? (Per i non catanesi = che significato assumono questi concetti nel XXI secolo?). 

Bibliografia 

Caoci A., 2008, Antropologia, estetica e arte. Antologia di scritti. 

Price S., 1992, I primitivi traditi. L'arte dei «selvaggi» e la presunzione occidentale. 

Siti per approfondire Vincenzo Daneu: (Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Palermo, via Garibaldi, 41, Palermo (2021) (govserv.org)); Shopping d’autore a Taormina (compagniadeiviaggiatori.com)

Sito web "Etnic One": (etnicone.com/) 


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3 years ago
[Questa Scena è Tratta Dal Film Lucky Luciano Del 1973 Diretto Da Francesco Rosi. Segue Il Dialogo Tra
[Questa Scena è Tratta Dal Film Lucky Luciano Del 1973 Diretto Da Francesco Rosi. Segue Il Dialogo Tra

[Questa scena è tratta dal film Lucky Luciano del 1973 diretto da Francesco Rosi. Segue il dialogo tra Salvatore Lucania, detto Lucky Luciano boss della mafia italo-americana del secolo scorso, e il capitano:]

Il capitano: Con me puoi parlare. Ho le mie idee su di te. E sono diverse da quelle di Siragusa. Ti conviene.

Lucky Luciano: A te ti conviene. Per fare carriera. A te e a Anslinger. A Siragusa. Ai generali. A un capo della polizia. E alla politica conviene. Per distrarre la gente che non sa nente e non capirà mai niente. Alla politica quando le fa comodo, servono pure i delinquenti e – comu diciti - i mafiusi. Mi dispiace non ti posso servire.

3 years ago
Jennifer Cavalleri: Senti Prepi L’ho Capito Che Un Po’ Di Cervello Ce L’hai.
Jennifer Cavalleri: Senti Prepi L’ho Capito Che Un Po’ Di Cervello Ce L’hai.

Jennifer Cavalleri: Senti Prepi l’ho capito che un po’ di cervello ce l’hai.

Oliver Barrett IV: Sul serio?

Jennifer Cavalleri: Certo. Hai preso una cotta per me, no?

Jennifer Cavalleri: Senti Prepi L’ho Capito Che Un Po’ Di Cervello Ce L’hai.
Jennifer Cavalleri: Senti Prepi L’ho Capito Che Un Po’ Di Cervello Ce L’hai.

Oliver: E’ incredibile.

Jennifer: Ah?

Oliver: Sto studiando. Sto studiando sul serio.

Jennifer: Shh. Anche io.

Oliver: Scusi. Scusa.

~ Ali MacGraw e Ryan O' Neal in Love story (1970)


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3 years ago
Piero: Buonasera.
Piero: Buonasera.
Piero: Buonasera.

Piero: Buonasera.

Vittoria: Sera.

Piero: Cosa stavi scrivendo?

Vittoria: Traduco un po' di roba dallo spagnolo.

Piero: Ah! E come si dice in spagnolo che vorrei salire da te?

Vittoria: Si dice che non puoi. Brutta lingua lo spagnolo, eh.

Piero: Io non capisco perché dobbiamo perdere il tempo così.

Vittoria: Neanch'io.

Piero: Buonasera.
Piero: Buonasera.
Piero: Buonasera.

Piero: Buonasera.
Piero: Buonasera.

L'Eclisse, 1962, Michelangelo Antonioni


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4 years ago

15.05.2021

Intellettuale engagé: «in Italia il termine è stato usato soprattutto con riferimento a letterati e artisti, o alla letteratura e all’arte, che partecipano attivamente, ideologicamente schierati, alla discussione dei problemi sociali e politici (Treccani)».


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3 years ago

Cosa accadrebbe, se un nuovo resoconto agitasse le conclusioni desunte?

3 years ago

💖Se nel 1988 Almodovar intitolava un suo film "Donne sull'orlo di una crisi di nervi", oggi sarebbe "Studentessa di antropologia sull'orlo di una crisi di nervi".💖

Come si può riuscire a frequentare questa realtà culturale senza che venga minato l'equilibrio psico-fisico?

Più osservo la realtà attraverso i filtri dell'antropologia, più noto forme di disagio nell'organizzazione della vita che si sviluppa intorno a me. I ritmi di vita sono fin troppo frenetici e veloci. Se non esiste più il cottimo o la catena di montaggio di Henry Ford, oggi proliferano i seguenti mindset: “Non c’è mai tempo”. Ma se il concetto di tempo è, essenzialmente, un prodotto disciplinato dai vari contesti culturali: perché l’uomo decide di rappresentare gli spazi temporali come limitati? Il futuro è come se fosse qualcosa che non esistesse, ma che tutto debba essere consumato nell’eterno presente. Di conseguenza, questa concezione consumistica del tempo entra in tilt quando si realizza che al mondo non si è solo mente o idee, ma anche corpo dove le controindicazioni di questa impostazione non tardano a presentarsi…


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3 years ago

Se il pensiero fosse materia

Nell’universo mentale ricorre periodica-mente un pensiero, principalmente quando la realtà intorno è silente. Questo vaga a briglie sciolte e richiama all’attenzione.

Un momento dopo, però, si comprende che, forse, sarebbe stato opportuno trascurarlo. Questo inizia a farsi pesante, pressante e finisce per egemonizzare l’intero spazio.

In un successivo momento si realizza che questo non dispone del controllo. La responsabilità dipende esclusiva-mente da chi quell’universo mentale lo possiede. Il soggetto infatti comprende che è lui ad aver deciso di prendere parte al gioco. È lui a controllare, nutrire e disciplinare la torbida macchinazione che si materializza e si snoda attraverso le  parole, le immagini, i suoni e i colori. Si tratta però di un gioco di co-dipendenza: sussiste lui affinché sussista il pensiero.

E nel momento finale, il soggetto appura che si sta semplice-mente servendo di quel pensiero, per affermare le manie da narciso ferito. Quel pensiero gli serve a renderlo umano e a raccontare al vento le sue lagnanze. Sa, nel fondo del suo animo, che la realtà è fin troppo quiete… ma lui necessita di una valida ragione per vivere, finendo per attaccarsi a quei pensieri umanizzanti.


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