Stamattina mi scoccia “vagare” tra le fonti bibliografiche per un argomento che devo approfondire... Allorché entro su tumblr e vengo intasata da immagini, che mi hanno fatta sentire come Alex, ne Arancia meccanica, quando era legato e con delle pinze che lo costringevano a tenere gli occhi aperti mentre gli scorrevano sotto gli occhi alcune scene. Questo provocava in lui dolore e disgusto.
Nel mio caso, sinceramente, non importa descriverle nel dettaglio, è invece d’obbligo andare alla sostanza. Quelle immagini, i temi rappresentati mi hanno indotta a pensare: perché non si possono demolire quelle rappresentazioni culturali? C’è un continuo “parcheggiarsi” negli stessi immaginari...
Ripenso alla lezione della mia prof. di francese su Apollinaire. Ho vividamente impresso il momento in cui indicava che i futuristi si impegnavano a propugnare:
“un’arte e un costume che avrebbero dovuto fare tabula rasa del passato e di ogni forma espressiva tradizionale” (ne Treccani, futurismo)
Sostenevano questo in quanto la società moderna, che si stava creando sotto i loro occhi, gli permetteva di immaginare un nuovo mondo...
Dove sta a questo punto lo stimolo per una re-immaginazione?
|| keep it in case of an emergency ||
Gente che usa termini del gerco antropologico in maniera decisamente poco consona >
Nessuno
Proprio nessuno
Io:
apriti un manuale, fratellí.
...solo io "sclero" a vuoto?
|| Note a margine
Quando stai rielaborando concetti e parole di terzi per cercare di costruire una coerenza narrativa e logica, pensi: "Ma che fatica!". Oppure passi ogni tre secondi a chiederti: "Ma sto interpretando correttamente le parole di questa persona? Sto riuscendo a capire e a rendere ciò che mi sta dicendo?".
Vorrei ritornare adesso a tradurre quei minidialoghi basic del liceo, quelli che si trovano nei libri per apprendere le lingue straniere.
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Penso che cogliere il punto di vista di una persona che parla la mia stessa lingua, a volte, non ne determina l'effettiva comprensione, perché entrano in gioco le diverse sfumature di significato, le intenzioni, gli elementi paraverbali, le espressioni non verbali e su questi non sono stati ancora ideati vocabolari e dizionari.
Aneddoti profani da inserire nel curriculum di una studentessa di antropologia:
✔Leggere uno pseduo harmony/young adult vibes, che si ispira a sviluppare il vissuto personale di una nota coppia di antrostar del secolo scorso.
Un esempio esplicativo?
[Segue quello della coppia durante un amplesso con finalità riproduttive:]
Ma un antropologo potrebbe mai parlare così...?
È da riscrivere.
Ecco. Ora va già meglio.
Vabbè deficienze a parte, Euforia di Lili King é stata una lettura curiosa, blasfema, ma interessante perché permette di umanizzare gli e le antropologhe (per me sono dei semidei) e di avvicinarsi alla comprensione di alcune peculiarità del "mestiere".
Nessuna “cosa” è data per natura. Questa si presenta “così” poiché tutta la realtà che la circonda è artificio e intenzione. Tutto, infatti, è soggetto a un’operazione di disciplinamento e forgiamento. Assodato questo, esplora quella cosa concentradoti non sul “perché è data”, ma “come è data”.
Condivido appieno i tuoi pensieri sulla normalizzazione della diversità attraverso la vendita di bambole raffiguranti ragazze che deviano da quelli che sono i comuni canoni estetici. Non posso però fare a meno di avvertire il rischio che si tratti di un'operazione prettamente commerciale, con l'obiettivo di vendere *anche* a quelle bambine che non sono né bianche né bionde. Tu cosa ne pensi?
Ciao @11-cis-retinale, grazie per la condivisione del tuo punto di vista😊.
Hai perfettamente ragione, sotto un aspetto si tratta di "un'operazione prettamente commerciale", perché queste bambole sono pur sempre un prodotto della e per la società consumista. C'è comunque da aggiungere che, al di là del fatto in sé, queste bambole rappresentano e veicolano messaggi culturali. È lì che, secondo me, diventano funzionali e smettono di essere mera "merce".
1 agosto 2021 || Savonarola & predica-menti
Sto leggendo Tristi tropici di Claude Lévi-Strauss, testo pilastro del pensiero antropologico. Avrei dovuto leggerlo in triennale, ma ho sempre rimandato. Mi era stato riferito che il pensiero dell’autore era troppo complicato e spigoloso. In effetti quando diedi antropologia culturale, non mi piacque molto studiare lo strutturalismo, corrente a cui appartiene l’antropologo.
Comunque, prendo il testo e rimango colpita dal suo modo di scrivere: raffinato, elegante e saturo di parole. Devo ancora finirlo, ciononostante Lévi-Strauss mi sta dando da riflettere.
Perché non incontro intellettuali e studiosi che osservano e interpretano la contemporaneità in maniera così perspicace? A me non interessa che la mia vicina di casa si interroghi, ad esempio, sulla ripercussione sociale dell’esistenza di centri commerciali nella manciata di pochi kilometri, per Dio (!) Ma quando arriverà qualcuno che parlerà di ciò che conta, anziché crogiolarsi nella fatuità cronica?
Se conosci qualcuno (magari così cool come Lévi-Strauss da giovane, vedi sotto) fammi sapere.
Detesto, disprezzo: mi viene la nausea. Provo, sempre, un forte estraniamento e disgusto verso il mio contesto culturale e sociale. Mi disgustano gli stimoli, le rappresentazioni culturali, gli immaginari, il modo in cui plasmano la realtà immaginaria e reale. Vivo con l’illusione di perseguire una via di fuga inedita, ma in realtà è sempre la stessa: tutto cambia per non cambiare niente. Il mio non è né uno sfogo da adolescente nevrotica (né its Madame Bovary), né perché sono su tamblah e va di moda la flagellazione della mia esistenza. E’, invece, la constatazione bruta, che questo mio mondo culturale mi tiene constante-mente impigliata, in una costruzione personale e identitaria che detesto. Forse l’unica pace reale sta nel niente niente niente.
ostinazioni & banalità
Perché è così difficile bloccare e far tacere il sordido meccanismo che si aziona nel momento in cui tutto sembrerebbe orientato a dedurre la “realtà”... ma che però nella realtà si verifica che il tutto è frutto di una proiezione mentale.
Davvero, a volte, ma solo in specifici casi, vorrei avere un super-power... per silenziare il complesso “giudicante” che affiora quando mi rapporto a circostanze che farebbero supporre cose su cose di altre cose.
Mi chiedo se sono le risposte a disporsi lungo le traiettorie oppure se sia l'essere umano a ricavarle forza-(ta)mente...
Fig.1 - Casual Polar Bear Looking Through a Window || Fig. 2 Archillect