Inspira
Qualcosa che non è mai esistito non può farti del male.
Espira
Qualcosa che non è mai esistito non può farti del male.
Di nuovo.
Jennifer Cavalleri: Senti Prepi l’ho capito che un po’ di cervello ce l’hai.
Oliver Barrett IV: Sul serio?
Jennifer Cavalleri: Certo. Hai preso una cotta per me, no?
Oliver: E’ incredibile.
Jennifer: Ah?
Oliver: Sto studiando. Sto studiando sul serio.
Jennifer: Shh. Anche io.
Oliver: Scusi. Scusa.
~ Ali MacGraw e Ryan O' Neal in Love story (1970)
|| scassa-menti serali ||
Quale sé personale e unico si può sviluppare all'interno di un contesto in cui ognuno va uniformandosi alle tendenze esistenti?
Tutto è un cliché, i pensieri, le posture, i modi di fare, la musica, i film, le estetiche, le parole, le situazioni, i conflitti interiori ed esteriori, questa frase... è un continuo ritornare a ruoli giá assunti, ascoltati e consumati. Per realizzare, infine, che questa condizione viene amplificata dall'auto-rappresentazione perenne.
Your blog is so lovely...have a nice day, honey :)))
Grazie troppo gentile ^.^ Il tuo nick e il tuo humor: fantastici ahahah
probabilmente questa cosa non farà ridere nessuno ma la devo condividere, perchè mi ha fatta troppo ridere.
Sto trascrivendo un’intervista *antropologimagicosa*, e nel riascoltare il mio intervistato, tipo stra-intellettuale, composto, equilibrato con le parole, ad un certo punto dice vecchi anziché anziani. Ora, non so perché trovo divertente questo, forse sarà stato questo dosato e (in)consapevole cambio di registro, la sua tranquillità nel switchare da «vecch-» ad «anziani». Per certo la mia ilarità non dipende dallo schernire il mio intervistato…Boh, ora sto cercando di capire perché lo trovo spassoso, indagando il tutto con quel fare da “pensatrice illuminista che ho a volte” e… trovo che non mi faccia più ridere.
💖Che palle che sono💖
12:46 || meglio forze sinistre che serendipità (pliz)
Al liceo avevo affinità con filosofia, ma proseguii i miei studi con antropologia perché ritenevo che mi desse una preparazione di tipo pratico e meno astratto. Ero arrivata a questa considerazione dopo che mi ero documentata (shame on me! Vabbè ero una bimbaminkia e non si era ancora compiuta “l’ascesi”) su Yahoo answer. Rimasi affascinata dal modo in cui l’utente spiegava gli elementi costitutivi dell’antropologia. E così a diciannove anni scelsi quell’ambito di studio, ignara del potenziale di quella scelta.
Guardando ad oggi, sto leggendo un’intervista, sulle traiettorie dell’antropologia culturale in Italia. L’intervistato, noto antropologo italiano, racconta che si è laureato in filosofia… dato che negli anni ‘50 del ‘900 in Italia non era ancora presente una facoltà di antropologia.
Il passo mi ha lasciata piacevolmente scossa, perché ripenso alle me diciannove che guardava all’antropologia come un puzzle. Avete presente quello da 1000 pezzi, dove i tasselli si dispongono alla rinfusa e viene piuttosto complicato assemblarli, ma succede poi qualcosa che li fa unire coerente-mente…
(Boh. Forse gli spiriti e i demoni, quelli delle culture “esotiche” o “extra-occidentali” che cercano di comprendere gli antropologi, iniziano un po’ a condizionare il corso degli eventi della mia esistenza.)
Il posti di oggi è dedicato allo scontro titanico tra due teorie che ho sempre trovato affascinanti, seppur carenti in alcuni punti. Il determinismo filosofico e il libero arbitrio sono stati il fulcro centrali di molti pensatori, pensiamo a Spinoza o ad Agostino D’Ipponia. Se il determinismo ritiene che l’uomo è espressione della volontà di un “””qualcos’altro”””, il libero arbitrio scioglie questa visione così limitata dando all’uomo quella possibilità di fare e agire che il primo nega. Dunque il futuro viene scoperto o creto? L’uomo è pedina di un percorso oppure ne è l’artefice? Lasciando da parte questa visione leggermente apocalittica e in simil “congrega religiosa” (^.^) ritengo adesso che il “the future” sia il congiugimento di queste due espressioni di pensiero. E’ impensabile ritenere che ci muoviamo all’interno di percorsi e destini prestabiliti, in quanto il tutto sfocierebbe in una visione piuttosto statica e inflessibile. Ma neanche ritenere che tutto dipenda dalla volontà del singolo soggetto è carente. E’ utile adesso generare una visione in cui ritrovare insieme la capacità di costruzione del proprio percorso e “quel qualcosa al di sopra” di lui. Per iniziare ad avere un quadro meno confuso, il “the future” è la somma e il frutto del suo agire. L’uomo poi vive all’interno di un mondo dove “quel qualcosa” riveste anch’esso un ruolo. In conclusione, come l’uomo è creatore, è anche influenzabile dall’azione delle forze di “quel qualcos’altro” in senso negativo che positivo.
... e tu che ne pensi?
Vabbè, io ferma a Pasolini, Petri e Volonté
Tempo fa mi chiedevo che senso avesse oggi parlare di "musica di nicchia" vs "musica da massa".
Ero su una piattaforma di streaming di musica, famosissima, logo verde e nero, ogni riferimento è puramente casuale.
... Comunque, becco una playlist che è abbastanza simile al tema di una che avevo precedentemente creato. Ciò che mi incuriosisce è questo potere silenzioso che hanno le piattaforme mediali: il meccanismo della riproduzione/associazione simile. L'identità viene riconosciuta per le presunte affinità e incasellata in una cornice. In questo scenario mi chiedo cosa ne resta dell'unicità dell'individuo!?
Un tempo artisti, intellettuali, storici non si sarebbero battuti per la messa in critica di questo ordine?
La rivoluzione del sistema d’informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l’intero paese, che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza.
P.P.P.
AMEN.