In questo corpo che è affetto dall’amore, dall’ira, dalla cupidigia, dalla paura, dalla pigrizia, dalla gelosia, dalla separazione da ciò che si ama, dall’unione con ciò che non si ama, dalla fame, dalla sete, dalla vecchiaia, dalla morte, dalla malattia, dalle afflizioni: come si potrebbe trarre piacere?
...Ep(pure)...
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Mentre camminavo per le strade di Taormina il mio sguardo viene “catturato”, per deformazione professionale, da questi negozi: “Arte paesana” o “Etnic one”, siti in una delle vie principali del centro.
Mi colpiscono perché sono vocaboli del gergo antropologico, nel senso che la disciplina antropologica da sempre si è confrontata con i concetti di identità e rappresentazione culturale.
Da brava aspirante ricercatrice mi sono documentata e:
per ciò che concerne “Arte paesana” è «un’attività che affonda le sue radici nella figura di Vincenzo Daneu (Trieste 1860 - Taormina 1937) fonda, a Palermo, un’impresa commerciale, a conduzione familiare, di piccolo e alto antiquariato prediligendo l’arte “paesana” di Sicilia e di Sardegna»; il «punto vendita propone tovaglie e ricami ottocenteschi»;
invece “Etnic one”, come riportato nel sito web, «offre un'esperienza di shopping sensoriale unica ai suoi clienti […] abbigliamento etnico particolare e scelto con cura, gioielli, accessori e home-decor».
È lampante che questi soggetti imprenditoriali si sono appropriati di alcune terminologie, riadattandole e rivendicandole come segni caratteristici.
In parallelo e sotto un certo punto di vista, queste attività sono portatrici di un’ambivalenza, ovvero che essenzializzano “l’arte del paese” o lo stile etnico.
Ripenso al dibattito nel mondo dell’arte di fine Ottocento, quando l’Occidente istituiva musei e vi esibiva oggetti provenienti dalle colonie d’oltremare. Ad esempio, le maschere africane venivano considerate come “arte primitiva” e gli occidentali si mostravano riluttanti a considerare che quelle potessero essere delle forme di arte alla stregua del Mose di Michelangelo. Sally Price ne I primitivi traditi (1992) «ha messo in discussione l’etnocentrismo con il quale le categorie e le forme di valutazione dell’arte occidentale hanno escluso gli oggetti non-occidentali (Caoci 208, 160)». Infatti, l’arte primitiva veniva considerata semplice ed elementare rispetto a quella occidentale, era vista come il prodotto di pulsioni istintuali o psicologiche. Gli artisti primitivi erano gli «esponenti incontaminati dell’inconscio dell'uomo», mentre gli occidentali erano i soli che potessero accedere ad una forma di estetica cosciente. Pertanto l’arte occidentale non era mai sottoposta alla reazione dei primitivi, perché questi non venivano ritenuti in grado di partecipare ad esperienze estetiche che oltrepassino i confini delle proprie culture.
Da queste considerazioni è evidente che se leggo “arte paesana” o “etnico” rimango leggermente interdetta, perché ripenso al dibattito che decostruisce ed epura da certe viziositá. Vedere che, invece, c'è una tendenza al ri-attualizzare e al ri-appropriarsi di certe parole è piuttosto curioso ed insolito.
Orbene, con questa riflessione non vorrei essere io a tipicizzare le istanze delle due attività commerciali. Ritengo che sarebbe più produttivo l’ascolto delle scelte dell’imprenditore o della imprenditrice per l’uso di quel termine o di andare direttamente al nocciolo della questione chiedendosi: "ma chi boli diri “arte paesana”? (Per i non catanesi = che significato assumono questi concetti nel XXI secolo?).
Caoci A., 2008, Antropologia, estetica e arte. Antologia di scritti.
Price S., 1992, I primitivi traditi. L'arte dei «selvaggi» e la presunzione occidentale.
Siti per approfondire Vincenzo Daneu: (Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Palermo, via Garibaldi, 41, Palermo (2021) (govserv.org)); Shopping d’autore a Taormina (compagniadeiviaggiatori.com)
Sito web "Etnic One": (etnicone.com/)
Se si chiedesse di spiegarne il perché sinceramente, ricevereste in cambio un niente
Panico delle 10:49 come si “traduce” un dato etnografico?
In Università, i/le prof. sono così competenti a esporre le teorie di X, Y, Z, ma nessuno che spiega come si costruisce o si interpreta un resoconto o una visione di mondo. AAA.
Non lo so, stasera mi sento abbastanza polemica. Al contempo sto cercando di “accendere” l’antropologa che c’è in me, per addolcire la riflessione con cui sto per stendervi.
Di cosa parliamo questa sera? Di sentimenti amorosi (ahi, come sono banale). Che cosa vi aspettate da una tipa cresciuta con la Disney? xoxo.
Procedo.
Mi sto chiedendo, da circa un’ora, perché nel nostro contesto culturale si cresce con l’idea che dobbiamo sperimentare e nutrire sentimenti d’amore tra noi umani? Più specificatamente, come mai si rintraccia l’esigenza di disciplinare le emozioni che scaturiscono dall’incontro con l’altro, per poi costruirci su qualcosa? Nello specifico:
incontro una persona a me sconosciuta;
per una serie di circostanze cattura la mia attenzione;
la frequento;
se le sue esigenze e i suoi bisogni sono in sintonia = siamo due rette perpendicolari e ci intersechiamo in un solo punto;
se, invece, le istanze sono diverse = siamo due rette parallele, cioè tali da non intersecarci in alcun punto.
Bene, abbozzato questo ragionamento in maniera così brutale che manco uno scienziato sociale positivista, continuo la mia analisi. Questo è quello che ci offre la nostra società: legami tra umani e tra sconosciuti che se si ritrovano copulano, se invece, non sono corrisposti soffrono e si martoriano manco fossero un martire cristiano del I secolo dopo Cristo.
Come mai, nella nostra società, esiste questo “ciclo”? Nel senso perché ci crescono con l’idea di amarci o di star male?
Per comprendere queste questioni, ritengo che sia importante adottare un approccio antropologico per far emergere ciò che molto spesso viene occultato quando si parla di amore.
Ci spingono a credere che l’amore sia qualcosa di spontaneo, ma c’è sempre un processo silenzioso di apprendimento culturale. Ad ogni livello e settore veniamo educati sin dalla nascita. Infatti, se qualcuno non si prendesse cura di noi, moriremo. Non credo che un bambino riuscirebbe a sostentarsi da solo. Di conseguenza l’amore, e tutto ciò che vi orbita intorno, esiste perché c’è un discorso culturale. È stato “qualcuno” che ci ha insegnato a vederlo in una determinata maniera, a essere colpiti da un’estetica; a vederla seguendo “gli opposti si attraggono”; a se “avete passioni in comune è prolifico”. Abbracciamo prospettive e assumiamo atteggiamenti senza saperlo. La cultura, il contesto familiare, le esperienze pregresse in coppia formano l’identità degli amanti.
Io vedo poco spazio nel quale possiamo muoverci liberamente. Gli ideali e l’ambiente ci plasmano. Forse una speranza e una prospettiva di studio diversa la riserbo a quelli incontri che si consumano a occhi chiusi dato che l’occhio scruta indaga registra interpreta... lascerei il resto ai sensi restanti. Chissà cosa succederebbe se ci innamorassimo ad occhi chiusi? Coglieremo forse finalmente l’essenza?
Questo quadro teorico finora proposto è incompleto, perché dovrei supportarlo da un’indagine qualitativa. Dovrei intervistare personalmente chi sperimenta queste dinamiche, per arricchire e sostenere i punti trattati…
Comunque, più studio antropologia e più sclero. Ah, e sto arrivando ad una considerazione: l’unica cosa spontanea del mio contesto culturale è la continua e onnipresente disciplinazione del reale.
| (Im)preparazione |
Cercavo di riflettere sul fenomeno del ghosting — Baudelaire sicuramente lo assocerebbe al «mal du siècle» — con questo termine si designano quelle sparizioni improvvise di persone con le quali si sta insieme o si sta iniziando un periodo di conoscenza.
Leggo spesso che la causa dell’atteggiamento del «fantasma» sia lo scarso interesse. A mio avviso questa interpretazione potrebbe essere una parziale verità. Per me le questioni sono molto più sfaccettate e complesse.
Non dovrebbe tanto essere una questione da declinare in queste forme: è nella cultura e nei modi di fare dell’uomo o della donna a farli agire così, perché sono essenzialmente degli idioti. Questa è semplicemente una giustificazione. È un po’ come quando — estremizzo — in passato gli antropologi interpretavano le usanze considerate “astruse” di alcune popolazioni, in virtù del fatto che fosse nella loro cultura, pertanto non indagavano criticamente quella pratica.
Se una persona “sparisce” la si giustifica. Invece perché non si inizia a far presente che il nostro secolo è impreparato e non sufficientemente pronto a relazionarsi con l’altro...?!
Non sono i rapporti a non essere più profondi, ma sono le condizioni presenti che permettono e legittimano comportamenti da “egoisti” e “irresponsabili”. Non è la persona di per sé cattiva perché dà indifferenza è l’interno sistema che glielo permette. Ad esempio, nel mio contesto culturale alcune interazioni possono svolgersi in contesti virtuali e le app su cui si può interagire delineano scenari in cui puoi non rispondere o puoi sparire senza dare una giustificazione all’altr*. Ciò lo si può riscontrare nei meccanismi del “visualizzato", "letto", "consegnato", "notifica a comparsa", "segna come da leggere". Diciamo che si svilupperebbe uno scenario in cui viene favorito l'atteggiamento di totale mancanza di responsabilità nei confronti dell’emotività e sensibilità altrui. Perché i creatori delle app di messaggistica decidono di inserire queste diciture?
Orbene, sto declinando la questione da un punto di vista essenzialmente culturale, in termini di come il mio contesto sociale rappresenta e mette in scena uno dei tanti modo di sviluppare le interazioni umane. Credo per cui che si dovrebbe iniziare a ragionare in maniera più approfondita su certi meccanismi di interazione sociale così “ovvi” e “naturali”.
Ps: Mi piacerebbe davvero conoscere il punto dei vista dei “fantasmin*”.
Mh, stamani dubbi arcaici: peculiarità innate o processi autoindotti?
23:59 12/07/21
Buonasera!
Grazie per la risposta. La attendevo ansiosamente ed è stato molto interessante leggerla. L'ho letta più volte per assicurarmi di aver colto al meglio il contenuto, spero di esserci riuscito anche se ammetto di non sentirmi alla tua altezza su queste tematiche perché è innegabile e palpabile il fatto che hai studiato molto, sull'argomento ne sai di gran lunga più di me. Devi sapere che io non ho svolto nessuno studio in materia. Ho solo una piccolissima infarinatura sulla psicologia perché ho letto un paio di libricini, non particolarmente impegnativi. Abbi pazienza nei miei confronti, te ne prego, sono solo una persona curiosa e che sta nutrendo puro interesse per questi temi, accoglimi come se fossi un tuo allievo.
Mi hai chiesto cosa ne penso a riguardo le logiche duali. Beh io credo che sia del tutto umano purtroppo, io stesso sento di avere queste tendenze. Parlo di tendenze ma credo che una mente educata ed istruita secondo una sana etica morale può tranquillamente contrastare senza sfociare in atteggiamenti barbari e ignoranti. Una cosa che non condivido a pieno (sicuramente per ignoranza, vorrai perdonarmi) è associarla esclusivamente alla cultura occidentale. Dal mio punto di vista questa logica è adottata da tutte le culture, africane, orientali e native americane, per lo meno da quel che mi pare di vedere, penso che nella storia più recente sicuramente quella occidentale ha prevalso in maniera selvaggia e senza scrupoli sulle altre. Ma comunque sia vorrei capirci meglio sull'argomento, se avresti qualche testo da consigliarmi (ovviamente non particolarmente impegnativo perché sono ignorante) lo accetto volentieri.
Volevo ringraziare inoltre l'utente Nusta che ha scritto cose davvero molto interessanti! Ho letto molto volentieri anche le sue considerazioni ed ho apprezzato tantissimo il fatto che abbia citato il contenuto di un libro. Se mi leggi, mi piacerebbe sapere anche la tua in merito su queste tematiche, sempre se ti va e se ti interessa (e sempre se posterai questo "ask").
Concludo augurandomi di essermi esposto bene e con la speranza di non averti annoiato o innervosito. Attendo con ansia una tua risposta!
Lettore anonimo SB.
Ciao Lettore anonimo SB,
Non annoi. Per me è sempre interessante discutere e ragionare con le persone. Inoltre, come ti avevo detto nella risposta di prima, non considerarmi chissà che. Non lo dico per fare la finta umile, odio le ipocrisie. Sono più per vederla in un rapporto alla pari, per scambiarci reciprocamente informazioni e punti di vista.
L’associavo all’Occidente, perché a me non piace parlare attraverso generalizzazioni. Ti citavo l’Occidente perché molti autori, che ho incontrato nel mio percorso accademico, mi hanno fatto arrivare a queste conclusioni. Penso alla mia tesi di laurea triennale, su un frate francescano spagnolo vissuto nel primo trentennio del 1500. Questo frate doveva diffondere in Messico i precetti religiosi cristiani. Giustamente gli indigeni locali non conoscevano lo spagnolo, e così usò le immagini sacre (madonne, cristi, scene della Bibbia) per facilitare l’indottrinamento religioso. Capisci bene la violenza a cui sono stati posti? E l’asimmetria di questo rapporto. Ovvio che non voglio santificare o guardare con pietismo i non-occidentali, ma se guardo a come si sono consumati i rapporti tra le due parti… sicuramente una parte prevale sull’altra.
E poi, non tutte le culture hanno le nostre stesse idee, concetti, modi di fare... possibilmente siamo “noi Occidentali” a introdurre nuovi elementi. Ripenso, ad esempio, allo studio dell’antropologo Maurice Leenhardt, che tra i Kayapo in Brasile, mostrava che non esisteva nella lingua locale il concetto di corpo:
«il corpo non è oggettivato in un dispositivo concettuale: nella loro lingua, manca un termine specifico per definire il “corpo” individuale che viene indicato come la “carne di qualcuno" (Pizza G., 2005, Antropologia medica. Saperi, pratiche e politiche del corpo)».
Non so se anche gli extra-occidentali la vedono così, adottano le stesse logiche.
Ad aggiornarci, ciau!
14/07/21 20:05
Buonasera appuntidicampo! Qui il tuo lettore anonimo SB.
Mi sono preso un po' di tempo per leggere la tua risposta con calma per poterti rispondere con attenzione in modo da potermi esporre al meglio la mia idea.
La tua tesi di laurea triennale mi sembra molto interessante e dall'esempio che hai apportato devo dire che non sono rimasto particolarmente meravigliato dal fatto che da parte di alcuni esponenti religiosi cristiani, pur di arrivare all'indottrinamento religioso, abbiano addottato dei mezzi così futili come delle immagini, d'altronde è risaputo che ci sono stati metodi molto più brutali e violenti pur di arrivare allo scopo, ma questo penso sia un altro discorso di cui potremmo parlarne per giorni. Volevo però sapere di più a riguardo all'esempio che mi hai citato. Come hanno accolto inizialmente gli indigeni le informazioni che gli venivano passate? Hanno accolto di loro spontanea volontà la fede Cristiana?
Il mio punto di vista comunque sul rapporto tra occidentali e il resto del globo rimane quello che ti ho citato nel "ask" precedente, che rimane comunque abbastanza concorde con il tuo. Gli occidentali hanno avuto in passato la tendenza di prevalere e schiacciare le altre culture e temo che sia tutt'ora così, anche se probabilmente il tutto viene camuffato un pochino di più. La cosa mi fa pensare a un'altra caratteristica dell'essere umano. Essere più sviluppati a livello tecnologico lo fa sentire superiore agli altri, anche se, a mio umilissimo parere da persona totalmente ignorante in materia, ho l'impressione che ci renda meno autosufficienti... Eccolo un altro argomento che mi piacerebbe approfondire e sapere cosa ne pensi tu e cosa dicono i tuoi studi sull'antropologia: spesso osservo la mia sorellina, ci passiamo 13anni, attualmente ora lei ne ha 10. Ho l'impressione che la tecnologia le stia offuscando parecchio la mente sulla percezione della realtà, ma ho notato osservando gli altri bambini suoi coetanei che purtroppo è un problema molto frequente. Mi chiedevo, quali saranno i disagi culturali e sociali degli adulti di domani? In antropologia sono stati fatti degli studi in merito, delle previsioni? Spero sia chiara la domanda e di aver sollevato un quesito che sia inerente alla tua materia di studi.
In conclusione, volevo chiederti se ti trovi bene a scambiarci opinioni tramite degli ask anonimi. Se preferisci ti posso contattare in privato e continuiamo i nostri confronti lì. Per favore però non dirmi "vedi te per me è uguale" e lasciare a me la scelta, il blog è il tuo ed ho il timore che i miei ask possano contaminare secondo la tua percezione lo stile del tuo blog.. grazie per la tua attenzione e buona serata!
Lettore anonimo SB
Ciao Lettore anonimo SB,
E' sempre un piacere leggerti e che trovi tempo per articolare al meglio i tuoi pensieri. Tranquillo, non contamini, i tuoi contributi "abbeliscono" e arricchiscono il mio blog, stimolando alla riflessione.
Con la tua risposta, sollevi molteplici questioni che richiedono tempo e studi, adesso non ho risposte. Spero che comprenderai: ti aggiornerò nei giorni successivi o sennò sentiti libero di contattarmi in privato, per una risposta più immediata e fluida. Anche se, ritengo che sia produttivo e interessante creare dibattiti pubblici, per coinvolgere un bacino più ampio di gente, come è stato nel post sulla vittoria italiana del campionato europeo.
Ag aggiornar(c)i.