Relazionandomi con l’altro e di conseguenza, relazionandomi anche con me stessa, sto arrivando ad una considerazione. È importante da riconoscere, sempre, a se stessi e agli altri «cosa si vuole». Perché il resto è un inutile e malsano tentativo di farneticazione ego-orientata.
perché nonostante l'avanzata dei tempi, della tecnologia, delle idee: pensiamo ancora il mondo per stigmatizzazioni?
probabilmente questa cosa non farà ridere nessuno ma la devo condividere, perchè mi ha fatta troppo ridere.
Sto trascrivendo un’intervista *antropologimagicosa*, e nel riascoltare il mio intervistato, tipo stra-intellettuale, composto, equilibrato con le parole, ad un certo punto dice vecchi anziché anziani. Ora, non so perché trovo divertente questo, forse sarà stato questo dosato e (in)consapevole cambio di registro, la sua tranquillità nel switchare da «vecch-» ad «anziani». Per certo la mia ilarità non dipende dallo schernire il mio intervistato…Boh, ora sto cercando di capire perché lo trovo spassoso, indagando il tutto con quel fare da “pensatrice illuminista che ho a volte” e… trovo che non mi faccia più ridere.
💖Che palle che sono💖
[da uno sguardo ampio e generale...
Quando per impostare la tua ricerca quantitativa, devi intercettare gli imprenditori del domani e ti chiedi: "Se fossi un imprenditore che percorso di studio farei?". Giusta-mente per creare quel valore lì, devi solidamente formarti. "In confronto a te, il candido di Voltaire è Arsenio Lupin" concluderai amara-mente.
Ma... Ma? Da un primo lavoro di mappatura, i senior rich-boys, nella maggiorparte dei casi non dispongono di un titolo di studio. E inizi a sclerare. "Dove siete!" urli mental-mente, perchè sai che la telepatia funziona sempre.
Anche se... Anche se!? Anche se, vorresti aprire una ricerca in parallelo, per capire "ti pareva" il motivo della mancata erudizione degli impresari.
... si dettaglierà in seguito]
|| lagne e vicissitudini umane ||
Certe volte vorrei astenermi dal conoscere “cose di antropologia”, perché cado nell’errore di usare la mia formazione professionale per risolvere questioni che, forse, richiederebbero altri approcci e disposizioni. In queste volte vorrei sradicare e disintegrare le metodologie e gli apparati concettuali che sostanziano il pensiero perché possono trasformarsi in una minorazione e ostacolare il processo conoscitivo.
Mi chiedo a questo punto se non sia arrivato il tempo di riflettere sistematicamente sui limiti del mestiere dell’umanista.
|| keep it in case of an emergency ||
E s p a n s i o n i
]○[
Ciò che dovrebbe vera-mente contare risiede nel rendere abitudine: il vivere e la sperimentazione.
Laura: Più un ragazzo mi piace più mi spaventa.
Jérôme: Vuoi dire che hai paura di non resistergli?
Laura: No. Io. No. È più complicato di così. Un ragazzo non mi piace tanto perché é bello. Se un ragazzo è gentile vado a spasso con lui per esempio se mi annoio. Se mi annoio chiunque mi sta vicino ho l’impressione di amarlo. Quel che mi secca é che sempre prima o poi lui si dà importanza dice in giro: “È innamorata di me”. Si mette a fare il pascià. Allora è finita.
Le genou de Claire (1970) Éric Rohmer
Comprendere vuol dire ridurre un tipo di realtà a un altro; che la realtà vera non è mai la più manifesta: e che la natura del vero traspare già nella cura che mette a nascondersi.
C. Lévi-Strauss, Tristi Tropici.
23:59 12/07/21
Buonasera!
Grazie per la risposta. La attendevo ansiosamente ed è stato molto interessante leggerla. L'ho letta più volte per assicurarmi di aver colto al meglio il contenuto, spero di esserci riuscito anche se ammetto di non sentirmi alla tua altezza su queste tematiche perché è innegabile e palpabile il fatto che hai studiato molto, sull'argomento ne sai di gran lunga più di me. Devi sapere che io non ho svolto nessuno studio in materia. Ho solo una piccolissima infarinatura sulla psicologia perché ho letto un paio di libricini, non particolarmente impegnativi. Abbi pazienza nei miei confronti, te ne prego, sono solo una persona curiosa e che sta nutrendo puro interesse per questi temi, accoglimi come se fossi un tuo allievo.
Mi hai chiesto cosa ne penso a riguardo le logiche duali. Beh io credo che sia del tutto umano purtroppo, io stesso sento di avere queste tendenze. Parlo di tendenze ma credo che una mente educata ed istruita secondo una sana etica morale può tranquillamente contrastare senza sfociare in atteggiamenti barbari e ignoranti. Una cosa che non condivido a pieno (sicuramente per ignoranza, vorrai perdonarmi) è associarla esclusivamente alla cultura occidentale. Dal mio punto di vista questa logica è adottata da tutte le culture, africane, orientali e native americane, per lo meno da quel che mi pare di vedere, penso che nella storia più recente sicuramente quella occidentale ha prevalso in maniera selvaggia e senza scrupoli sulle altre. Ma comunque sia vorrei capirci meglio sull'argomento, se avresti qualche testo da consigliarmi (ovviamente non particolarmente impegnativo perché sono ignorante) lo accetto volentieri.
Volevo ringraziare inoltre l'utente Nusta che ha scritto cose davvero molto interessanti! Ho letto molto volentieri anche le sue considerazioni ed ho apprezzato tantissimo il fatto che abbia citato il contenuto di un libro. Se mi leggi, mi piacerebbe sapere anche la tua in merito su queste tematiche, sempre se ti va e se ti interessa (e sempre se posterai questo "ask").
Concludo augurandomi di essermi esposto bene e con la speranza di non averti annoiato o innervosito. Attendo con ansia una tua risposta!
Lettore anonimo SB.
Ciao Lettore anonimo SB,
Non annoi. Per me è sempre interessante discutere e ragionare con le persone. Inoltre, come ti avevo detto nella risposta di prima, non considerarmi chissà che. Non lo dico per fare la finta umile, odio le ipocrisie. Sono più per vederla in un rapporto alla pari, per scambiarci reciprocamente informazioni e punti di vista.
L’associavo all’Occidente, perché a me non piace parlare attraverso generalizzazioni. Ti citavo l’Occidente perché molti autori, che ho incontrato nel mio percorso accademico, mi hanno fatto arrivare a queste conclusioni. Penso alla mia tesi di laurea triennale, su un frate francescano spagnolo vissuto nel primo trentennio del 1500. Questo frate doveva diffondere in Messico i precetti religiosi cristiani. Giustamente gli indigeni locali non conoscevano lo spagnolo, e così usò le immagini sacre (madonne, cristi, scene della Bibbia) per facilitare l’indottrinamento religioso. Capisci bene la violenza a cui sono stati posti? E l’asimmetria di questo rapporto. Ovvio che non voglio santificare o guardare con pietismo i non-occidentali, ma se guardo a come si sono consumati i rapporti tra le due parti… sicuramente una parte prevale sull’altra.
E poi, non tutte le culture hanno le nostre stesse idee, concetti, modi di fare... possibilmente siamo “noi Occidentali” a introdurre nuovi elementi. Ripenso, ad esempio, allo studio dell’antropologo Maurice Leenhardt, che tra i Kayapo in Brasile, mostrava che non esisteva nella lingua locale il concetto di corpo:
«il corpo non è oggettivato in un dispositivo concettuale: nella loro lingua, manca un termine specifico per definire il “corpo” individuale che viene indicato come la “carne di qualcuno" (Pizza G., 2005, Antropologia medica. Saperi, pratiche e politiche del corpo)».
Non so se anche gli extra-occidentali la vedono così, adottano le stesse logiche.
Ad aggiornarci, ciau!
Come si entra real-mente in relazione con l’altro, dal momento che le singole individualità possono rivelarsi “ingombranti” ai fini relazionali?
Perchè non ci sono momenti dedicati all’approfondimento della possibilità disastrosa dello star insieme?
Ad antropologia, mi insegnano:
la sospensione del giudizio,
le tecniche empatiche,
il relativismo,
l’approccio critico...
=> ma è tutto così astratto e poco sponteneo!
A volte, però, tralasciano che: è importante evidenziare anche la dimensione più istintiva ed emozionale, nata nell’incontro con l’altro!
Vorrei conoscere più studiosi e accademici come Malinowski, uno dei più celebri antropologi del ‘900, che nel suo diario di campo in Papua Nuova Guinea scriveva:
«Pensai al mio atteggiamento attuale verso il lavoro etnografico e verso gli indigeni. Alla mia antipatia per loro, alla mia nostalgia per la civiltà»
- tratto da Giornale di un antropologo, Bronislaw Malinowski, Armando Editore, 1992, p. 106.
Anche se il diario di Malinowski è stato pubblicato postumo: le sue annotazioni - patrimonio dell’Unesco - aprono riflessioni e spunti inediti...